L’aumento dei tassi di interesse stabilito dalla Bce sta avendo un impatto tangibile sulle tasche delle famiglie italiane, tanto che un punto percentuale degli stipendi in Italia sarebbe eroso a causa dei rialzi. Lo rileva un'analisi della Fabi, secondo cui la quota delle rate rispetto al reddito disponibile è passata dal 9,50% del 2019 al 10,55% di marzo scorso e, visti i successivi aumenti del costo del denaro, questa percentuale, è destinata salire. Il report evidenzia anche quali sono le aree geografiche più penalizzate.
Gli effetti dell’aumento dei tassi
In un contesto già stressato dall’inflazione e dai rincari sulle bollette, le famiglie italiane devono fronteggiare anche i rialzi sui tassi di interesse. L’ultimo è quello di giovedì 27 luglio della Banca centrale europea (al 4,25%). La situazione che scaturisce dall’analisi dei tassi per classe dimensionale dei mutui rispetto a fine 2021 e 2022 è quasi comparabile a uno shock finanziario per chi ha un mutuo a tasso variabile o per chi deve ancora acquistare casa.
Nel dettaglio, nell’ultimo anno è stata rilevata una crescita di 240 punti base in media, con tassi di crescita di oltre il 4,5% in alcune aree d’Italia. A marzo 2023, per i mutui fino a 125mila euro il tasso medio sul totale dei prestiti è salito in Italia al 4,47%. Si tocca quota 4,09% i mutui fino a 250mila euro e, infine, al 3,74% per importi superiori a 250mila euro.
Per dare l’idea esatta del contesto, basti pensare che a fine 2021 le famiglie italiane pagavano in media un tasso compreso tra l’1,49% dei prestiti superiori a 250mila euro, dell’1,71% per quelli di importo compreso fra 125mila e 250mila euro e l’1,87% per i mutui di importo più contenuto.
L’impatto dell’aumento dei tassi per area geografica
Ma l’aumento dei tassi di interesse sta producendo effetti diversi a seconda dell’area geografica. In Italia, infatti, vengono evidenziate differenze per quanto riguarda gli importi della rate per un mutuo. Nelle Isole, la media dei tassi d’interesse è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,10% della media nazionale.
Nelle regioni settentrionali si registrano condizioni più favorevoli rispetto al resto d’Italia per chi ha bisogno di accedere a un mutuo: il tasso di interesse è del 4,09% nel Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) e 3,99% nel Nord Est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto).
Nel Centro (Lazio, Marche, Toscana e Umbria) si concentrano gli aumenti più significativi negli ultimi due anni con uno spread di 251 punti. Pesano alcuni fattori di rischio, maggiori nel Mezzogiorno e nelle isole. Rispetto alle condizioni di finanziamento a fine 2021, le famiglie più penalizzate dai rialzi dei tassi sono quelle delle aree meridionali e centrali del Paese, dove il costo del denaro ha subìto incrementi più ampi. Nel dettaglio, il Centro dell’Italia è l’area geografica che fa registrare l’aumento maggiore: +266 punti base per i finanziamenti di importo fino a 125mila euro, +246 punti base per quelli compresi fino all’importo di 250mila euro e +241 punti base per i mutui di importo superiore.
Analoga situazione per le famiglie del Sud, dove lo scarto più basso si è registrato per la sola classe di mutui di importo fino a 250mila euro, con un differenziale pari a 242 punti base, mentre il differenziale più ampio si è registrato nella categoria di mutui fino a 125mila euro, con 256 punti base mentre nella categoria riferita ai mutui fino oltre 250mila euro il differenziale è stato pari a 243 punti base.
Al Nord Est, invece, gli effetti del rialzo del costo del denaro sono più contenuti rispetto al resto del Paese, con un differenziale di tasso che ha sfiorato quota 250 punti base per la sola classe di importo oltre 250mila euro, mentre per le altre categorie di mutui il differenziale si è attestato tra i 222 (fino a 125mila euro) e i 259 (fino a 250mila euro) punti base.